Local SEO: che cosa può portarti davvero? (sono scettico, te lo anticipo)

Grazie alla local SEO potresti riuscire a farti trovare facilmente in una specifica area geografica, sfruttando potenzialità legate soprattutto alla classica SEO onsite con qualche piccola accortezza tecnica (e poco altro). Tutt’altro che facile, in effetti, perchè a fare la differenza sul local sono spessissimo le strategie di marketing, che vengono prima e dopo la SEO, per cui attenzione a dare fin da subito la giusta valenza al termine.

Local SEO avrebbe anche a fare, collateralmente, con le cosiddette Local guide, che rimangono un qualcosa secondo me da prendere in considerazione con le pinze. Se è vero che sono loro a “gestire” la visibilità delle schede Google My Business, è altresì vero che non sono l’unico fattore coinvolto, e che soprattutto sono abbastanza agevoli da falsificare. Non c’è bisogno di andare in un forum di hacker per convincere un po’ di persone a lasciare recensioni positive, e il fatto che Google abbia lasciato “aperta” senza mai fare ufficialmente nulla (almeno che io sappia) per limitare il fenomeno delle recensioni fake fa quantomeno… “riflettere”. Ovviamente non parleremo di questo, in questa sede, ma andremo ad analizzare i principali aspetti legati alla local SEO da un punto di vista critico.

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Come gestire decentemente una scheda Google My Business

Le schede Google My Business corrispondono alle attività presenti su Google Maps, ovviamente, e vanno gestite in modo accorto. Cliccando sulla scheda Informazioni, ad esempio, troverete gran parte delle informazioni che i vostri visitatori vogliono conoscere. Immancabili, in questi casi:

  • il nome dell’attività (che potete anche “geolocalizzare”, nell’ottica di renderlo distinguibile dalla concorrenza, ad esempio Gelateria Roma Nomentana); suggerisco quasi sempre nomi brandizzati, ma qualora non fosse possibile si può “sporcare” il titolo con il format cosa vendi + dove lo vendi;
  • la categoria dell’attività;
  • l’indirizzo esatto (importante, direi, perchè altrimenti la gente non vi troverà, senza contare che in alcune zone Google Maps sembra andare in “confusione”)
  • gli orari di apertura (siate più dettagliati possibile)
  • il campo Dall’attività, che rappresenta una descrizione ricercabile (quindi da compilare usando eventualmente qualche parola chiave, fermo restando quanto ho spiegato qui)

Tenete anche conto che i vostri sogni black hat su Google My Business si scontrano sempre con la dura realtà, in questo caso: i contenuti delle schede sono revisionati da un operatore di Google, prima di finire online.

Gestire le recensioni

Attività non SEO, in questo frangente, ma occhio a non farla. Potranno arrivare recensioni positive come negative, ovviamente; il suggerimento è quello di rispondere soprattutto alle negative, perchè secondo me danno l’idea di come “siete” davvero anche agli altri clienti che vi leggono. Siate sempre assertivi, se possibile, ed evitate di far diventare le recensioni negative un “regolamento di conti” tipo Le iene di Tarantino, se possibile. La cosa più facile, sui social, è sempre quella di mandare affanculo il prossimo, ma se volete una crisis management degna di questo nome dovreste evitare di farlo. Potete sempre, ovviamente, affidarvi a qualcuno che possa fare questo lavoro per voi, volendo.

Aspetti controversi o “difficili”

In molti casi mi hanno chiesto di svolgere attività di local SEO, che poi consiste nella gestione di schede Google My Business, nella loro “ufficializzazione” (il PIN che Google manda a casa al vostro indirizzo, per essere sicura che siete davvero voi), nell’uso corretto della geolocalizzazione, nello stilare le descrizioni delle attività in modo che siano ben “ottimizzate” (senza essere ridicolmente gonfie di keyword, se possibile).

Ecco, diciamo che le attività sono abbastanza ferme su questo e, salvo casi eccezionali, sono cose che si riescono a sbrigare in modo rapido e continuativo una tantum. Specie per piccole e medie attività, diciamo. A meno che uno non sia un venditore di spam, per intenderci, basta questo per vedere i dati della scheda salire in SERP e posizionarsi senza troppa fatica, ovviamente considerando fattori legati alla concorrenza ed alla strategia di comunicazione (no, non chiedetemi gestione di schede Google My Business: non è nemmeno “tanto” SEO, a ben vedere, e a breve capiremo perchè la penso così).

Prima di tutto, il prodotto sei tu: se lato marketing non hai saputo esporti in modo adeguato, oppure vendi prodotti o servizi scadenti (o magari rivendi… sapeste quanti reseller ho conosciuto che si credono Henry Ford redivivo) non è corretto, detta fuori dai denti, prendersela col prossimo – o magari con chi ti ha gestito uan certa cosa se non riesci a posizionarsi.

Soprattutto, direi, se sei uno che non sa gestire i tuoi stessi clienti direi che è grottesco prendersela con gli “addetti ai lavori” se non riuscissi a posizionarti bene: da un comportamento virtuoso (trattare bene coi clienti) ne può arrivare da solo un altro (essere più visibili su Google). A volte è questione di tempo, altre di pazienza e di perseveranza, ma nella mia ottica avere solo una scheda Google My Business potrebbe non bastare, per la tua attività. Soprattutto se fai un comunissimo errore di attribuzione, e ti aspetti che Google “faccia salire” la tua scheda solo perchè qualcuno “bravo col computer” ci ha smanettato un po’.

Il mio ulteriore scetticismo sulla continuità delle schede Google My Business – sono antipatico, so che non vi aspettavate questo twist narrativo, abbiate pazienza – passa per una serie di attività che ho fatto in prima persona, tra cui gestire il Google My Business del mio teatro (sì, gestisco un teatro). Ebbene, una volta che carichi foto, metti una descrizione decente e comprensibile per chiunque, inserisci eventuali orari e via dicendo, devi stare dietro all’attività ed aggiornarla. Cosa che si può fare in molti modi, e cosa che non sono sicurissimo sia pertinente con la SEO.

C’è anche un altro che viene spesso sottovalutato, ed è la soggettività imprevedibile dei risultati in SERP SEO local. A parte che ormai Google cambia la disposizione dei risultati senza nemmeno avvisare, seguendo uno strano “flusso di coscienza” che ha vanificato parte del lavoro fatto anche da noialtri, molti risultati di ricerca sono biased, cioè sono condizionati – secondo un’idea che mi sono fatto in questi anni – da ciò che noi stessi, da consulenti o clienti, andiamo a cercare. Cosa intende è subito detto: per una casualità abbastanza infida, per la verità, Google da qualche tempo mostra risultati personalizzati, cioè – come spiegavo qui per esteso – può far vedere risultati diversi, per la stessa ricerca, ad utenti in posizioni diverse (esempio: hotel in città diverse, se uno cercasse “hotel in zona“), ma non solo: è anche possibile che i risultati siano condizionati dallo storico delle ricerche che abbiamo fatto.

È quello che si chiama, in altri termini, search intent ad essere condizionante: se prima cerco “migliori ipad“, poi vado a documentarmi sul sito ufficiale sulle caratteristiche, poi inizio a valutare se c’è qualcosa di usato e scrivo, alla fine, “ipad economici“, i risultati potrebbero tranquillamente essere condizionati da tutto quello che ho fatto in precedenza (c’è anche un brevetto di Google, per inciso, che discute questa possibilità). Pensiamo eccessivamente all’utente che deve fare click perchè noi dobbiamo convertire, e ci dimentichiamo di questi “dettagli” propedeutici troppo facilmente.

Non è insomma, come alcuni pensano un po’ ingenuamente secondo me, una questione di posizionarsi per una ricerca “in camera stagna”: le visite utili possono arrivare da tantissime altre fonti, è indispensabile flessibilizzarsi a mio avviso e, in definitiva, ciò che vediamo in SERP è frutto, per la local SEO, di base geografica dove faccio la ricerca, storico delle ricerche che anche, in alcuni casi, da ciò che abbiamo cliccato in SERP in precedenza (ci sono ulteriori fattori potenzialmente condizionanti, probabilmente, tra cui il fatto di essere o meno loggati in Gmail). Non sono nemmeno,a  ben vedere, tutte cose su cui abbiamo il controllo effettivo (come invece possiamo avere in misura maggiore nel nostro sito web).

L’effetto CTR che fa “salire” i risultati che clicchiamo più spesso è talmente noto che non è manco più un segreto per i SEO: il discorso è che bisogna fare attenzione che non riguardi, eventualmente, soltanto i risultati che vediamo, ad es. da loggati in Google / Gmail. In quest’ultimo caso avrebbe valenza nulla, ed invaliderebbe molti dei discorsi che si fanno in questo ambito.

In tal modo si verifica un effetto di auto-condizionamento, e questo spiega tante “zuffe” tra clienti e consulenti che vedevano una cosa, eh ma il cliente ne vede una diversa. Probabilmente sbagliavano un po’ tutti a non riconoscere questo limite, che riguarda molto la SEO local ma anche, per estensione, parte di quella fatta di Google News, ad esempio, e per i progetti editoriali in genere. Del resto, come discutevo in altra sede, SEO non equivale a “pubblicità al sito”

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Salvatore Capolupo

Ingegnere informatico dal 2006.