Perchè la SEO di oggi è più difficile che mai

Fare SEO oggi è molto più difficile dell’anno scorso. E di due anni fa. E non lo scrivo “tanto per“.

Fare SEO è diventato tanto, tanto difficile, perchè è diventato un settore in cui idealmente bisognerebbe lavorare in team, cosa che poi è difficile o non sempre possibile per esigenze pratiche. Per quanto lo scenario annesso all’ottimizzazione dei motori di ricerca, in molti casi, sia compromesso – mi riferisco alle varie community che, come ormai saprete, tendo ad evitare perchè le trovo fuori focus e vagamente cringe – per cui, a costo di sembrare professorone snob radical chic, preferisco rimanere rintanato nei miei metodi e nelle mie umili incertezze, rigettando un mondo in cui tutto é fin troppo relativo (e ci sta, trattandosi di SEO, almeno in parte) e soprattutto (cosa davvero imbarazzante, secondo me) la distinzione tra cliente e consulente si sta assottigliando sempre di più.

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Questo è assurdo, perchè i requisiti per creare e gestire nuovi siti sono sempre più stringenti ed “ingegneristici”, e non è da tutti aprire un sito e farlo conoscere su Google in pochi mesi (a proposito, se si parla di almeno 6-8 mesi possiamo vederlo assieme: se avete voglia di mettervi in gioco, contattatemi).

Qui invece le consulenze SEO tendono a trasformarsi in cose del tipo: giochiamo a chi ne sa di più (o crede di saperne) tra Ciccio il consulente e Michelina la cliente, ed è un circo in cui non intendo prendere parte. Ci sono poi alcuni aspetti che i vecchi SEO non consideravano e che oggi, invece, sembrano andare alla grande; vediamo, più o meno brevemente, di cosa si tratta.

C’è più concorrenza di prima

Al famigerato mercato dei “cuggini bravi col computer” che sanno programmare, fare social media management e figurati se non sanno pure un po’ di SEO, si sono affiancati consulenti-lampo che si sono formati con corsi (quasi sempre a prezzi stracciati) che, guarda caso, delle volte siamo noi “vecchietti” ad avergli fatto. Ed è così che si crea un mercato sempre più agguerrito, in cui la qualità è raramente in primo piano e conta solo una cosa: far risparmiare il cliente.

Quanto e se sia sostenibile non lo so, e mi auguro che non lo sia per il bene di tutti; nel frattempo Google lancia i corsi per diventare “tuttologo” del web in 6 mesi senza università e altre “menate”, e a noialtri – che frequentavamo le aule di ingegneria tra miserie, sgarbi dei docenti, sessioni interminabili, lezioni incomprensibili e dispettucci fra colleghi – questa cosa fa mediamente incazzare.

E non è solo questione di essere un impagabile quarantenne sul web, credetemi: è questione che le competenze per fare SEO si sono fortemente ingegnerizzate (vedi la crescente attenzione alle tematiche annesse alla velocità del sito, ad esempio), e qui parliamo rigorosamente di tutt’altro.

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La sicurezza del sito è un fattore di posizionamento

Altro punto dolente, che illustrerò mediante episodio capitato ieri.

Su uno dei siti che sto curando lato SEO, l’altro giorno ho trovato questo (una vera e propria penalizzazione di Google dovuta a problemi di sicurezza e malware):

Poi in SERP c’era questo (il sito era in italiano, ed era stato sommerso da risultati spam in giapponese):

Tra l’altro, non si poteva accedere più al backend al sito:

ed il database andava perennemente giù. Andando a vedere i file del sito, i vari indicati con la freccetta arancione erano, si è scoperto, malware (e non erano nemmeno i soli: ci è voluta una scansione completa per trovare nelle cartelle dei theme, dei plugin e così via).

Provando a cancellare i file, ricomparivano; provando a modificare il file htaccess che permetteva tutto questo, si autorigenerava quello infetto impedendomi di modificarlo anche da SSH.

Ora, i puristi della SEO faranno spallucce e diranno che risolvere un problema del genere non è roba SEO e che questa non è SEO, ma se vedete bene lo è eccome: un malware ha limitato l’operatività del sito, e questo si è riflesso nei risultati di ricerca, in una penalità di Google e nel fatto che se dovevo fare ottimizzazione onsite, per dire, non avrei potuto farla.

Da qualche tempo peraltro girano un paio di malware che, neanche a dirlo, a parte buttare giù un sito, riempiono le SERP del sito stesso di spam. Una brutta rogna che, fino a 10 o 12 anni fa, non sarebbe neanche rientrata nelle competenze SEO vere e proprie: ad oggi, invece, Google bada moltissimo all’aspetto sicurezza dei siti, e se vi bucano WordPress o qualsiasi altro CMS rischierete di essere penalizzati anche in termini di SEO.

Trovare un bravo consulente che sappia queste cose, neanche a dirlo, non è una cosa troppo agevole, purtroppo. Per fortuna che faccio valere le mie competenze di ingegnere informatico, in questi casi, e bene o male rimango “coperto”. In genere queste situazioni si recuperano in un paio d’ore di lavoro, ma ci vuole una mano decisamente esperta per farlo.

E soprattutto, non tutti sono disponibili a farsi mettere le mani da una persona terza, purtroppo, proprio perchè magari sono rimasti scottati da qualche altro consulente low cost. Un bel casino, insomma.

Bisogna badare ad aspetti che prima erano irrilevanti

Questo è collegato al punto precedente, in parte, ma non c’è solo l’aspetto sicurezza del sito: conta ad esempio quanto curi il tuo sito, quanto eviti che ci siano pagine di errore (sono finiti i tempi in cui le audit SEO le dettagliavi all’inizio e poi te ne scordavi per sempre), quanto sei in grado di fornire alti uptime e/p operatività (anche qui: che bella parola, immensamente sottovalutata) sfruttando le migliori soluzioni di hosting.

Tutte cose che una volta contavano relativamente, perchè ti preoccupavi solo dei backlink che fossero di classe C differenti: ma oggi le cose sono cambiate, a quanto pare.

Molti fattori di ranking sono completamente sconosciuti

È inutile girarci attorno: tanti fattori di ranking non li conosciamo, anche se facciamo finta di saperli. Nessuno li sa, ed è bene mantenere un grado di affascinante ignoranza in questo ambito: è meglio sapere di non sapere, del resto, che fingere di conoscere cose di cui nessuno (forse nemmeno Google) sa nulla.

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Quindi saper fare i conti senza presunzione nè preconcetti con questa black box delle meraviglia è uno degli aspetti più interessanti ed importanti del nostro lavoro di SEO un po’ tuttologi, come è richiesto dal mercato di oggi.

Le SERP mobile e quelle desktop sono spesso diverse e disallineate

Alla complicazione che spesso il cliente si vede primo sul proprio sito quando da altre postazioni è quarto, ad esempio, si aggiunge il fatto che le SERP non sono sempre sincronizzate (e a quanto pare non lo saranno prima di marzo 2021, fa sapere Google).

È cosa comune, in sostanza, che per una stessa ricerca compaiano risultati diversi da mobile e da desktop. Non c’è modo di allineare manualmente questi risultati, se servisse dirlo, così come non c’è modo di “spingere” più in una direzione che in un’altra in termini sicuri ed assoluti.

Un esempio è la ricerca seguente, per cui risultavo primo col mio sito ma solo da mobile e non da desktop (nel frattempo le cose sono cambiate e, sono pronto a scommettere, cambieranno ancora).

Tutto quello che un bravo SEO può fare in questi scenari così ambigui e imprevedibili, in cui per la stessa ricerca possono apparire risultati diversi  – in base alla posizione geografica, al dispositivo, allo storico ricerche precedenti, al fatto di essere o meno loggati su Gmail e via dicendo – è semplicemente (?) adeguarsi alle migliori practices consigliate da Google.

Riuscire a comunicare tutto questo al cliente senza sgarbi e incomprensioni, alla fine, è la vera impresa.

Richiede competenze sempre più trasversali

Il buon SEO deve saper usare quasi tutti i CMS.

un buon SEO deve equilibrare le conoscenze teoriche con quelle prettamente tecnico-pratiche.

Dovrebbe anche saper “scrivere bene” rispetto alla nicchia di riferimento del sito.

Dovrebbe sapere come funziona un’architettura client-server.

Dovrebbe sapere come ottimizzare le pagine di un sito al di là dei soliti abusati (e spesso buggati) plugin di minify.

Dovrebbe sapere quanti e quali backlink farsi arrivare, e saperli analizzare.

Devo continuare?

Ottimizzare la velocità non è sempre questione di plugin

Anche qui, trovare un bravo SEO che sappia fare correttamente queste cose, neanche a dirlo, non è una cosa troppo agevole, purtroppo. Se la velocità classicamente si misura come “tempo di completamento” del caricamento della pagina, in cui bastava inserire minify ed async per essere felici, Google ha cambiato le carte in tavola ed ha creato il PageSpeed Insights che è, in molti casi, un vero e proprio fattore di posizionamento. Che si misura considerando cose astruse ed ultra-tecniche come il tempo di paint della pagina, ad esempio.

E la cui valutazione passa per la struttura del DOM delle pagine, una cosa di cui moltissimi ignoravano del tutto l’esistenza (ed è difficilissimo da far capire al cliente, peraltro).

Non tutto è questione di plugin

Vecchia storia: non si può fare tutto-tutto installando e rimuovendo plugin “a naso”, come purtroppo fanno molti. Il numero di plugin installati, peraltro NON influisce sul PageSpeed Insights (spiace dirlo ma è così, dai test che ho fatto).

Capire come funziona è sempre più complicato

È molto complicato capirne di SEO, e non basta leggere: bisogna sperimentare dati alla mano, creare tanti siti e studiare tanto. Siete pronti a farlo?

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Salvatore Capolupo

Ingegnere informatico dal 2006.