8 miti sulla programmazione duri a morire

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In questo articolo ho fatto una piccola raccolta di sgradevoli e problematici miti che complicano ogni giorno le nostre vite. Perchè complicarsi la vita?

“Il programmatore può fare qualsiasi cosa”

No. E non è nemmeno un’attività per cui uno possa accontentarsi di pochi euro al mese, fidatevi di me. Il mito del “genietto del computer” che sistema il cancello automatico di casa, “aggiusta computer” e fa app nella stanza è terribile, nel 2020: soprattutto perchè è spesso e volentieri l’equivalente di uno sfruttato sociale, uno che a 50 anni è ancora costretto a lavorare gratis o quasi.

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Due parole sui siti web di qualsiasi ordine e grado che spesso si cerca di imitare: i siti più grossi sono gestiti da infrastrutture mostruose, tecnologie proprietarie ottimizzate sulle quale le persone (non dimentichiamolo) investono fior di quattrini, quindi smettetela di esigere il clone di “Facebook, ma fatto meglio” a vostro nipote bravo col computer. Per quanto sia bravo, non ci riuscirà nel 99% dei casi.

Se poi uno è davvero bravo in questo mestiere (il programmatore, intendo), fa prima ad andare a lavorare per qualche multinazionale, almeno credo. Non mi sono mai considerato troppo bravo a farlo, ad esempio, e per questo ho scansato offerte allettanti economicamente quanto, dal mio punto di vista, altrettanto illusorie.

L’uomo dovrebbe mettere altrettanto ardore nel semplificare la sua vita quanto ce ne mette a complicarla (H. L. Bergson)

Il programmatore è anche un SEO

Questo è uno dei più complicati da combattere, in effetti: un falso mito che ha prodotto danni, rallentamenti sui lavori, discussioni infinite, mancati pagamenti – e chi più ne ha, ne metta.

C’è questa idea radicata in molti secondo la quale un programmatore, genericamente skillato su uno o più framework o linguaggio, sappia “automaticamente” fare SEO, quando la SEO – triste verità per tutti – non viene nemmeno affrontata di striscio in nessun corso di programmazione (nemmeno nel più scalcinato), e questo per un motivo molto semplice: sono due cose diverse.

La SEO infatti è per buona parte un argomento a parte, di natura spesso discorsiva (devi saper scrivere bene un testo per il web, devi contestualizzare, devi sapere qualcosa su come funzionano i motori, e non è solo questione di tag HTML e di PHP), argomento sul quale ho dovuto io stesso specializzarmi con anni di formazione, test sul campo e consulenze sempre più difficili. Quindi facciamo pace con questo concetto, una volta per tutte, e smettiamola di creare contrapposizioni inutili tra SEO e programmatori che è come paragonare geometri ad avvocati.

Mi capita spesso anche questo, nel mio lavoro: intervengo da SEO su siti fatti da altri, gli altri accettano malvolentieri questa cosa e poi “giustamente” tendono ad invalidare il lavoro svolto lato SEO, con la scusa che secondo loro è fatto male. Cosa falsa, peraltro, che pero’ finisce per far parte della retorica furbesca e bislacca di chi, quasi sempre a fine lavoro, trova sempre delle buone scuse per non pagare (motivo per cui, ormai da tempo, cerco di imporre una mentalità basata sui pagamenti anticipati: non è banale, chiaro, ma è molto meglio che farsi pagare al 50% del pattuito ogni maledetta volta).

Purtroppo finchè il mercato si muoverà in questi termini di sfruttamento un po’ becero un po’ miope (se perdi la consulenza di cui avevi bisogno, se ci pensi, il tuo sito sarà un problema da risolvere, mai un’opportunità) e non diventeremo tutti più elastici (e probabilmente più comprensivi e pazienti, me incluso ovviamente), per alcuni siti davvero non c’è alcuna speranza di emergere.

SEO del resto non significa “saper scrivere il codice dei siti” – cosa che molti fanno, pure malamente e senza seguire la programmazione a pattern imposta dal CMS: più semplice dire che lo rifaranno daccapo, a modo loro, ed ecco perchè si è diffuso l’altro mito letale per il settore varie cavolate medio-grandi tipo che “WordPress è lento“, che “PHP non è un buon linguaggio di programmazione” e via delirando: semplicemente, è più onesto non tutti i programmatori sono in grado di metterci mano.

Il fatto che Google abbia pure un database ed un programmatore sappia padroneggiare MySQL, del resto, non significa affatto, in sostanza, che sia in grado di destreggiarsi con la SEO, come mi è capitato in più occasioni di sentire.

Google non si basa su MySQL!

Rivolto simpaticamente a tutti i programmatori che pensano davvero che Google si basi su query modello SELECT * FROM TABLE.

Il programmatore possiede competenze che potrebbe avere chiunque

Altro mito davvero ostile e difficile da combattere.Il qualunquismo con cui si trattano i programmatori, spesso considerati “pedine” alla stregua di qualsiasi altro, mi inorridisce al tal punto che non faccio più il programmatore da più di dieci anni, per quanto mi sia formato e sia cresciuto culturalmente in quel mondo.

Mi consola che i corsi di formazione prolifichino e siano spesso di altissima qualità, che la gente sia un po’ meno sprovveduta di 10 anni fa e che, soprattutto, questo qualunquismo viene spesso strumentalizzato come scusa per non pagare le fatture.

Essere bravi, comunque, in questo mestiere, non sempre ripaga: c’è una tendenza a sminuire quello che fai perchè se prendessero tutti coscienza dell’importanza di ciò che fanno, finirebbe abbastanza male e dovrebbero pagare tutti molto di più.

Il programmatore ha una mente rigida

Questo è un altro stereotipo terribile, probabilmente molto influenzato da certa cinematografia di basso livello, la quale rappresenta i nerd come fissati che non pensano ad altro che al computer. Ma davvero c’è questa rigidità mentale in quel mondo? I programmatori che conosco sono spesso brillanti, flessibilissimi e disposti a parlare di qualsiasi argomento, dalla politica in poi.

Un modo per cambiare ideare sull’argomento è guardare ad esempio The social Network di David Fincher, un film basato sulla vera storia del fondatore di Facebook che ribalta l’assunto secondo il quale il nerd è un tipo problematico senza vita e senza alcuna visione del business.

Il programmatore non capisce nulla che non sia matematico

Altro mito sulla coda lunga del precedente, che si smentisce facilmente liberandosi degli stereotipi e dei bias cognitivi che accompagnano la nostra esistenza.

Il programmatore non capisce nulla di marketing

Che so, tipo Mark Zuckerberg? 🙂

Il problema è un altro: il programmatore viene spesso lasciato fuori dai giochi di business e dalle decisioni perchè, di fatto, è anche giusto che esista una separazione di ruoli. Se fosse messo al reparto marketing non farebbe più il programmatore, e questo manderebbe un po’ tutti nel panico.

Il programmatore è felice di quello che fa

No, almeno non in generale. In genere è lì solo per i soldi, purtroppo – e perdonerete la brutalità di questa affermazione, spero. In genere fa anche un lavoro ingrato, risolve scazzi fatti da altri e spesso lo fa senza che nessuno dica nemmeno “grazie” o dia un incentivo-premio per averlo fatto.

Non voglio criminalizzare la categoria, intendiamoci, pero’ considerate quanto possa essere frustrante lavorare ogni giorno su un singolo modulo non funzionante, a volte per mesi. Io l’ho fatto per qualche anno, più che altro per necessità e perchè non riuscivo a farmi capire dai rispettivi “capi”, poi semplicemente ho mollato ed ho cambiato mestiere.

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A cura di Capolooper.it