Ci siamo dimenticati del KISS (Keep It Simple, Stupid)

KISS (acronimo per Keep It Simple, Stupid) è uno dei più comuni standard di progettazione, e si richiama direttamente alla filosofia promossa dal principio di Occam: entities should not be multiplied without necessity, ovvero non bisognerebbe mai aggiungere più elementi dello stretto necessario alla risoluzione di un problema. Troppo spesso, di fatto, si relega la filosofia a mere seghe mentali (detta senza mezzi termini), eppure arriverei ad introdurre, in certi contesti, dei veri propri corsi aziendali che spieghino la bontà e l’utilità del KISS. Non che si debba incentrare tutto sul bacio – per quanto forse, dato il periodo post-pandemico ancora in corso, ce ne possa essere un forte bisogno sociale – quanto che si debba essenzializzare il proprio lavoro e ridurlo al “nocciolo”, senza disperdere la conoscenza in centinaia di migliaia di elucubrazioni.

Ci siam scordati della semplicità

Anche perchè, al netto di tutto, le elucubrazioni lavorative che ci hanno fatto dimenticare il principio KISS sono palesi in molti discorsi di CEO (o presunti tali, diciamo), ma anche in molti discorsi da tecnici, che amano discutere del proprio lavoro in lungo ed in largo (e ci sta) ed amano anche disperdere le proprie nozioni in un nozionismo pseudo-accademico che fa figo, tanto, ma poi alla prova dei fatti non sembra funzionare a nessun livello. O meglio, funziona nella misura in cui rende i tecnici e i guru vari dalla parvenza misterica (e se vogliamo pure affascinante: chi usa paroloni tende a produrre questo effetto nei profani, da che mondo è mondo). Ma poi, alla prova dei fatti, se li metti davanti ad un problema reale, sono in grado di risolverlo?

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L’egocentrismo dei guru

In genere questa gente tende a produrre interminabili ed assurdi monologhi su come si dovrebbe lavorare, su come funziona questo mestiere, su come gli altri debbano adeguarsi ai loro standard, sul fatto che loro sappiano farlo e gli altri invece siano dei poveri stronzi (in soldoni, è questo il target del discorso nel 99% dei casi). Mi è capitato spesso durante varie riunioni a cui ho dovuto partecipare, che a me sembravano inutili (ma guai a farlo notare, mi raccomando) ed in cui il tecnico di turno, specie se molto specializzato, propinava spiegazioni interminabili che non avevano un minimo di appeal, che potevano essere valide ad un convegno di nerd al limite, ma delle quale non me ne fregava il resto di nulla, detta senza mezzi termini.

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Contestualizziamo: lo faceva sia per darsi un tono che per sottolineare che le cose non andavano gestite come diceva il precedente tecnico prima di lui (che aveva avuto la colpa di essere troppo restrittivo e poco elastico). Ma bisogna trovare una via di mezzo: se è sbagliato puntualizzare e opporsi lavorativamente alle cose che non si sanno fare (atteggiamento più comune di quanto possa sembrare), è altrettanto errato rendere il proprio lavoro più complicato di quanto non sia: anche perchè, breaking news, il cliente difficilmente pagherà di più e con maggiore entusiasmo solo perchè ha sentito paroloni. E più i nuovi potevano sparlare, in quel caso (impossibile da rimuovere dalla mia memoria) più io mi annoiavo di fare questo mestiere: quel loro essere primedonne, di fatto, era un qualcosa che non finiva per fare altro se non turbarmi, guastare il mio umore (forse già labile di suo, dato anche il periodo) e suggerirmi alla meglio che non c’era alcuna necessità di fare quella riunione.

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Altro caso tipico: un mio ex cliente che mi spiegava tutto didascalicamente, sentendo la necessità di farmi “studiare” il suo progetto, inviandomi decine di mail con allegati di 40 pagine ciascuna e mettendomi sotto, come se lui fosse il docente ed io il discente. Il tutto per un progetto che era riassumibile al massimo con 5 parole, peraltro. Puoi anche farmi capire cosa vuoi fare con la sintesi, secondo me, ma in questo caso non era nelle sue corde – anche perchè, abbastanza furbescamente, il cliente la tirava per le lunghe per scroccare più informazioni possibili e mettersi nelle condizioni di farsi la consulenza da solo.

Anche lì, parole, parole, parole: insomma, alla fine, a cosa serve? Il rasoio di Occam andrebbe usato con maggiore entusiasmo e flessibilità, e non c’è modo migliore per farlo che proporne l’uso mentre si lavora sui progetti. Non sarà facile farlo accettare, chiaramente, ma un tentativo va sempre fatto, nell’ottica dell’ottimizzazione del budget e delle risorse in gioco e per evitare di disperdere tempo e risorse in chiacchiere inutili.

Foto di Free-Photos da Pixabay 

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Salvatore Capolupo

Ingegnere informatico dal 2006.