Capire quanto vale un sito (in termini SEO, e non solo)

Quanto vale un sito web? Quando ci poniamo questa domanda ci sono molte possibili risposte che possiamo fornire. Potremmo considerare ad esempio il valore di mercato del sito, cioè il prezzo che sarebbero disposte a pagare le persone per poterlo gestire. Potremmo fare delle considerazioni sul traffico che arriva al sito stesso, e proporzionare il suo valore in modo conseguente (per fare un esempio banale: 1000 visite al giorno medie = 1000€). Potremmo, inoltre, considerare i parametri delle metriche SEO come la ZA, per capire ancora meglio quanto potrebbe valere. Insomma, i criteri disponibili sono tantissimi e non ne esiste uno che sia accettato universalmente.

Ma che cos’è il site value?

Sono numerosi gli equivoci diffusi in ambito SEO sul “site value” o, se non vi piace l’inglese, il “valore” attribuito ad un sito web: molti sono i tool online che permettono di calcolarlo, come indice (Alexa, Moz, …) o addirittura in equivalente monetario approssimato.

Vorresti pubblicare guest post per la tua azienda? Prova il servizio di link building di ➡️ Rankister.com ⬅️

Il site value riflette la “potenzialità” del sito

Comunque lo si calcoli, il valore di un sito riflette inevitabilmente le sue potenzialità, soprattutto in termini di visibilità “indotta”: per intenderci, se comprassi uno spazio web su un sito dall’elevato site value, per intenderci, ne potrei ottenere un vantaggio in termini di maggiori esposizioni rispetto al banner, all’articolo o al link che ho fatto piazzare di conseguenza. Questo è un possibile spunto di quella che nel concreto potremmo intendere come “valore” di un sito web: in pratica, lo valutiamo da imprenditori o in termini di ROI., cioè di possibile rientro dall’investimento.

In generale certa SEO un po’ “all’antica” tende a dare un significato errato al site value: sbaglia, ad esempio, a considerarlo proporzionale o coincidente al PageRank che è una metrica astratta ed è, peraltro, sempre stato abbastanza difficile da calcolare, nonostante molti dicessero – e dicano tuttora – il contrario. Come potrei mai valutare quello che non posso neanche misurare con certezza? Questo mood è stato esteso ad altre metriche SEO, che sono (per l’Italia) quasi sempre la ZA (i siti “validi” sono quelli con ZA “almeno” X, secondo la vulgata classica), l’Authority Score di SEMRush e via dicendo. Far coincidere la qualità – e peggio ancora il valore – di un sito con una metrica SEO, qualunque essa sia, è riduttivo e può risultare fuorviante. Vari tool SEO in varie circostanze, infatti, non solo sono estranei a Google (per cui fanno valutazioni che potrebbero non coincidere con quelle che fa Google, o essere arbitrie), ma non possono per loro natura tenere conto della realtà del sito, di quanto ad es. guadagna effettivamente con le sponsorizzazioni, di quanto sia solida la società o la persona che li gestisce, di come e quanto faccia bene la propria SEO.

Motivo per cui lancio una modesta proposta: invece di focalizzarsi sulla ZA bassa e pretendere di comprarsi link a 20 €, allegare al “valore del sito” un preciso contesto, non dico come parole chiave ma almeno con tanto di topic caratteristici. Anche perchè conviene a tutti: se un’azienda vende prodotti per il cinema, tanto per dire, ha senso che compaia in un sito di cinema anche se avesse la ZA bassa o nulla. Ha senso perchè il backlink delle campagne di link building non è una cosa da “mordi e fuggi”, da “rubare” al prezzo più basso, bensì è sempre un investimento a lungo termine: un conto è ottenere un link da un sito che funziona bene lato Google, un conto è farlo su un sito farlocco o poco curato lato SEO, che viene creato solo allo scopo di rivenderci roba sopra. “Funziona bene lato Google” a quel punto è un qualcosa che andrebbe valutato sulla Search Console di Google, sui dati reali – di fatto, e non mediante metriche SEO arbitrarie che servono più che altro per mix di valutazioni, non per valutazioni in assoluto “sì/no”.

Per un cliente ha più senso essere presente un sito rispetto ad un argomento X, Y, Z o verticale, che “in assoluto”. E se non puoi verticalizzare la link building, tanto vale andare su un sito che sia trasparente in termini di visite reali provenienti dai motori di ricerca. Per chi vende bulloni e pezzi di ricambio online, ad esempio, Youporn ha un valore limitato o nullo (nonostante macini milioni di visite al giorno), ad esempio, rispetto a chi si occupa di servizi per adulti.

In questi termini arriviamo facilmente ad una seconda definizione di site value, che non è più un semplice numeretto associabile ad un sito (e calcolato in modo perlopiù ignoto alle masse, se ci fate caso), bensì è relativo al tasso di “attrattività” del sito stesso: un sito che permette di confrontare i prezzi di un prodotto “vale” più, in qualsiasi termini potremmo intenderlo, di un semplice blog per quanto popolare possa essere. È ovviamente un’argomentazione soggettiva che potrebbe non mettere d’accordo tutti, ma è fondamentale capirlo anche nelle aste di domini che, a mio parere, restano un qualcosa di troppo legato ad indici astratti e poco riscontrabili nella realtà.

A cosa serve il sito? A chi potrà essere utile? Cosa mi permetterà di fare che nessun altro potrà consentirmi? Potrei avere delle buone ragioni per consigliarlo ad un amico o su un forum? Sono queste domande più sensate di qualsiasi indice numerico di “site value” fine a sè stesso.

Sul site value in termini di backlink, poi, preferirei non discutere affatto: troppi sono stati gli scontri con la comunità SEO da parte mia sull’argomento, che non ho mai accettato in termini di pura link building, e mai lo farò.

Il servizio professionale per inviare SMS aziendali: ➡️ prova SMSHosting ! ⬅️

Salvatore Capolupo

Ingegnere informatico dal 2006.